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Freedom Fyah

liveparcobeldi

Contestualizzando il periodo storico di quando nacquero i Freedom Fyah (2010), vi è un forzato rimando ai mie i studi accademici, perché tale 

lavoro fu il vero spartiacque fra la 

rappresentazione tradizionale e quella

digitale, ma andiamo di più nel dettaglio.

Come detto, frequentavo l'ACME di Novara (Accademia di Belle Arti), dove mi iscrissi per diventare un graphic designer.

 

A quei tempi l'uso del digitale non era così predominante, il foglio e la matita erano ancora capisaldi del "mestiere", grazie ai quali si metteva in moto il processo creativo tramite una bozza, e con l'ausilio appunto di una matita (generalmente HB) si tracciavano le prime linee guide del progetto.

acme

Con l'avvento di Adobe Photoshop, uno dei

programma se non il programma di fotoritocco più conosciuto al mondo in piena ascesa, sviluppai nuovi metodi di raffigurazione, i quali riuscivano a dare una veste più chiara e decisa alle opere che via via andavo a creare.

 

 

Il mio "incontro" con tale software avvenne nel corso del mio quinto e ultimo anno di Liceo Artistico.

Fu un inizio di sperimentazioni per prendere confidenza con gli strumenti al suo interno, in particolare era curioso ritrovare le tecniche pittoriche più comuni, come l’acquerello o la pittura ad olio, che con un banale click attuavano il risultato di ore di lavoro.

 

Nel mio iniziale percorso accademico vissi quest’aria di cambiamento con la gioia di un bambino davanti al suo nuovo giocattolo.

tecnichetradizionali
tecnichedigitali

Strumenti per le Tecniche Digitali di Rappresentazione.

Strumenti per le Tecniche Tradizionali di Rappresentazione.

Quindi iniziando da una bozza fatta a mano, trasferivo il lavoro provvisorio grazie ad uno scanner, che mi dava modo in seguito di arricchire l’elaborato con un’infinita possibilità di combinazioni grafiche. Conseguentemente ne derivò l’appassionarmi a questo mondo del tutto nuovo, e di pari passo le tavole d’esercitazione accademiche non bastavano più a “saziare” il desiderio di sperimentare. Sentivo un continuo bisogno di allargare gli orizzonti nel rappresentare aspetti più personali che scaturivano dentro di me. 

 

Nell’arte visiva il linguaggio è dettato dall’immagine che, come una lingua, parla tramite una figurazione di elementi che hanno il preciso scopo di indirizzare l’osservatore all’interno di molteplici riflessioni date dal tema posto in esame e senza l’utilizzo della parola, ma solo con l’uso della mente, ottenendo ed elaborando tali linee come un eloquio interpersonale.

illogo

Processo Creativo

Esattamente in quel dato periodo si affacciò la proposta di curare l’immagine dei Freedom Fyah.

 

Sospinto dalla voglia di realizzare un’immagine pronta a ricalcare le tematiche profonde del melodramma musicale che ascoltavo assiduamente, scelsi il leone come la figura predominante e simbolo corale del gruppo.

p.creativologo

La scelta fu semplice, per via della sua forza e leadership da sorreggere il concetto di libertà e fierezza, la cui particolarità era determinata dalla sua criniera, composta da fiamme che ardevano quanto la sua purezza d’animo. 

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Statua del Lion of Judah in Addis Abeba (Etiopia).

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Haile Selassie I, Imperatore d'Etiopia 1892-1975.

resalomone

Re Salomone.

In secondo luogo, essendo un complesso Reggae, si rifaceva all’effige del Lion of Judah, simbolo legato alla figura Haile Selassie I (Imperatore d’Etiopia) colui che nella cultura rastafariana è da paragonarsi al “profeta della Liberazione” in quanto discendente della stirpe di Re Salomone.

1disegnolive

Prima del logo ufficiale, avevo progettato un semplice disegno per la realizzazione delle t-shirt dedite al primo live. 

 

Mi ero basato inequivocabilmente all’immagine del leone, tenuta in dissolvenza (quasi il 70%) per rendere più efficace l’impatto della scritta Freedom Fyah.

Ispirato dai caratteri in stile africano, e conseguentemente con l’aggiunta di un pizzico di colore che andasse a sottolineare le bandiere della maggior parte degli stati africani, ovvero:

- Verde,

  come simbolo della natura del continente.

 

- Giallo,

come simbolo del sole che bacia la “culla dell’umanità”

(soprannome dell’Africa).

 

- Rosso,

come simbolo del sangue che scorre nelle vene delle popolazioni.

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Nel tempo il logo ha subito delle piccole modifiche, non intaccando né le linee dell’ornato, né l’impatto visivo  di quest’ultimo, fu un cambiamento per rendere più tenue l’insieme cromatico dell’elaborato finale.

Con la scelta di eliminare i nomi dei componenti dal simbolo.

Nella primavera del 2019, volli ampliare le illustrazioni riguardanti la compagine del "leone fiammante", introducendo un nuovo logotipo da aggiungere al simbolo che per quasi un decennio aveva ricoperto il ruolo di gonfalone celebrativo.

 

 

Cercai un collegamento illustrativo e terminologico legato alle parole Libertà e Fuoco, per unire i due vocaboli in una locuzione visiva.

Scelsi una delle lingue più antiche, l'Aramaico, che vanta circa tremila anni di storia, dove in passato fu la lingua di culto in ambito religioso ma anche usata per l'amministrazione degl'imperi.

 

 

Il mio scopo era quello di rendere più efficace e penetrante la radice morfologica del gruppo. Grazie a un'approfondita ricerca trovai i caratteri che componevano i due termini.

 

liberta
fuoco

Dopodichè inserii degli elementi di cultura africana per sostituire alcune lettere nei due termini.

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Figura: Leone.

Figura: Baobab.

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Figura: Pugno di resistenza con Microfono.

Figura: Serigne Touba, simbolo sacro legato al credo senegalese.

La prima figura, il leone, per ovvi motivi è la pietra angolare del progetto illustrativo, per lo più già ribadito nello sviluppo del primo logo. 

 

La seconda figura è quella di un Baobab, i significati vanno attribuiti al forte legame con la cultura senegalese, dove vi è una visione sacra dell'albero stesso e per tale motivo ho voluto connettere l'aspetto della pianta al valore di libertà.
Un concetto cardine legato al fattore crescita come similitudine tra l'emisfero umano e quello naturale.
Prendendo esempio dalla natura appunto, l'albero inizialmente è un seme che col passare del tempo si svulpperà, tramite la crescita dei suoi rami, delle sue foglie, ma il come lo farà è d'infinita importanza e di conseguenza ho voluto legarlo al significato di libertà d'espressione, che cresce dentro l'individuo proprio come il Baobab durante le stagioni dell'anno.

 

La terza figura è la stilizzazione di uno dei pugni più famosi della storia, quello di Tommie Smith e John Carlos durante le Olimpiadi del 1968.
Simbolo di protesta e rivendicazione del propri diritti civili verso una nazione, gli USA, che ai tempi relegava la cultura afro-americana a "razza di secondo ordine" per via del razzismo che una parte della cultura "bianca" (la parte più ignorante) portava avanti.
Il microfono vuol evidenziare lo strumento dal quale avviene la protesta, la "rivoluzione" che vogliono attuare i Freedom Fyah.

 

L'ultima immagine è da attribuirsi alla luminanza di una delle figure più importanti nell'ambiente culturale-religioso del Senegal. Sto parlando di Serigne Touba, colui che ha reso libere le menti di un'intero popolo dal colonialismo europeo, grazie ai suoi insegnamenti.​​

Unendo i caratteri aramaici alle figure scelte, il logotipo acquisisce il suo stadio finale, quello definitivo.

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Il logo 2.0 non è nient'altro che una rivisitazzione del logo originario.

Nato per la personalizzazione di capi d'abbigliamento, il logo 2.0 si distingue da quello d'origine per via della forma e degl'elementi al suo interno.

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Figura: Logo 2.0.

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Il Banner venne creato per il reparto console durante i live e per non essere ripetitivi nel riproporre sempre il solito stemma di immettere la figura del leone nel "perimetro" dell'Africa.

 

Inizialmente l'idea venne rappresentata in bianco e nero, poi si arricchi nel proposito di espandere il disegno anche nel campo dell'abbigliamento.

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Figura 1: Banner.

Figura 2: Immagine per T-Shirt, Felpe & CO.