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Pier Paolo Pasolini

Illustrazione Tributo

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Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922, è stato un poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore e drammaturgo italiano. É considerato tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento. 

Culturalmente versatile, si distinse in numerosi campi, lasciando contributi anche come pittore, romanziere, linguista, traduttore e saggista.

 

Il padre di Pasolini, Carlo Pasolini, era un tenente di fanteria proveniente da un'antica famiglia ravennate, ma la sua storia era segnata dalla dissipazione del patrimonio di famiglia.

Sua madre, Susanna Colussi, era un'insegnante originaria di Carsara della Delizia nel Friuli. 

La carriera militare di Carlo obbligò la famiglia a frequenti spostamenti da Bologna a Parma, da Conegliano a Belluno, dove, nel 1925, nacque il fratello Guido Alberto.

Pasolini, nel suo scritto "Empirismo Eretico", ricorda un periodo in cui andava ancora d'accordo con suo padre, descrivendosi come eccezionalmente capriccioso, forse nevrotico, ma comunque buono.

 

Verso sua madre, incinta (anche se non ne ha memoria), nutriva un amore disperato che caratterizzò tutta la sua vita. Tuttavia, fin dall'infanzia, padre e madre esercitarono influenze opposte su di lui, con il padre che si presentava come figura temuta e tirannica.

Pasolini descrive il padre come "passionale, sensuale, violento di carattere," era un tenente che aveva concluso la sua carriera militare in Libia senza un soldo. Questo percorso avrebbe plasmato la sua personalità, conducendolo a una repressione totale fino al conformismo più rigido. 

 

Il padre aveva riposto tutte le sue speranze nella carriera letteraria di Pasolini, iniziata fin da quando il figlio aveva 7 anni e aveva scritto le sue prime poesie. 

Tuttavia, il padre non aveva previsto le umiliazioni che sarebbero seguite alle soddisfazioni, e Pasolini riflette sulla situazione con comprensione per il povero uomo.

La figura dominante nella vita di Pasolini era senza dubbio sua madre, a cui dedicò alcuni dei suoi versi più sconvolgenti nella maturità. Dai pochi dati forniti emerge chiaramente un grande conflitto edipico, di cui Pasolini aveva una rara e estrema consapevolezza.

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Pier Paolo Pasolini da bimbo.

La madre di Pier Paolo Pasolini.

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Guido Alberto, il fratello di Pier Paolo Pasolini.

Carlo, il padre di  Pier Paolo Pasolini.

Le poesie dell'infanzia presero vita a Sacile, dove Pasolini frequentò la scuola elementare. 

Il suo percorso scolastico fu segnato da diversi trasferimenti: a Cremona, Reggio Emilia, dove intraprese il percorso ginnasiale, e infine a Bologna, dove si iscrisse al prestigioso liceo Galvani, per poi continuare gli studi all'Università, che egli commentò più tardi definendola "mediocre e fascista". 

Tuttavia, dovette ammettere l'eccezionale importanza della figura di Longhi, che in quegli anni a Bologna risultò di grande rilevanza per lui e molti suoi coetanei, o anche più anziani.

 

Nel 1942, durante il periodo in cui suo padre era prigioniero in Kenya, la famiglia trovò rifugio a Carsara. In quell'anno, a sue spese, il giovane Pasolini pubblicò le "Poesie a Carsara" in dialetto friulano, attirando l'attenzione di Gianfranco Contini, il quale recensì l'opera sul Corriere di Lugano. L'anno successivo, trovandosi a Livorno come soldato, Pasolini fuggì dopo l'8 settembre e ritornò a Carsara.

Esempi di poesia tratte da “Poesie a Carsara”:

 

Dedica.

 

Fontana di aga dal me país.
A no è aga pí fres-cia che tal me país.
Fontana di rustic amòur.

 

Dedica.

 

Fontana d’acqua del mio paese.
Non c’è acqua più fresca che nel mio paese.
Fontana di rustico amore.

 

Ploja tai cunfíns

 

Fantassút, al plòuf il Sèil
tai spolèrs dal to país,
tal to vis di rosa e mèil
pluvisín al nas il mèis.

Il soreli scur di fun
sot li branchis dai moràrs
al ti brusa e sui cunfíns
tu i ti ciantis, sòul, i muàrs.

Fantassút, al rit il Sèil
tai barcòns dal to país,
tal to vis di sanc e fièl
serenàt al mòur il mèis.

 

Pioggia sui confini

 

Giovinetto, piove il Cielo
sui focolari del tuo paese,
sul tuo viso di rosa e miele,
nuvoloso nasce il mese.

Il sole scuro di fumo,
sotto i rami del gelseto,
ti brucia e sui confini,
tu solo, canti i morti.

Giovinetto, ride il Cielo
sui balconi del tuo paese,
sul tuo viso di sangue e fiele,
rasserenato muore il mese.

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Poesie a Carsara, copertina originale, scritta direttamente Pasolini.

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Appunti cartacei di Pasolini dove scrisse le poesie che comporranno la raccolta “Poesie di Carsara”.

Nel 1945, si consumò la tragica morte del fratello diciannovenne di Pasolini, Guido, attivo in un gruppo partigiano affiliato alla brigata "Osoppo".

Guido, insieme ai suoi compagni, perse la vita per mano dei partigiani jugoslavi, evento che si annovera tra le pagine più oscure della Resistenza. Ciò che rende ancora più straziante la sua fine è il fatto che inizialmente riuscì a sfuggire alla strage, ma, già ferito, fu inseguito, individuato e infine ucciso.

Pasolini ha trattato il dolore, la memoria, il trauma e il lutto legati a questa morte in diverse opere. Questo tragico episodio è commemorato apertamente in alcuni dei suoi versi e richiamato, almeno nel suo significato più crudo, nei due romanzi "romani". Il tema del "morto giovanetto" emerge come uno dei più rilevanti e dolorosi sia in "Ragazzi di Vita" che in "Una vita violenta".

 

Al termine della Seconda Guerra Mondiale, si delineano momenti cruciali nella vita di Pier Paolo Pasolini: il ritorno del padre a Casarsa, accompagnato da crescenti incomprensioni e discordie; la laurea in lettere a Bologna, suggellata da una tesi su Pascoli; l'insegnamento, tra il 1945 e il 1949, presso le scuole medie di Valvasone, un paese nei pressi di Casarsa.

Il 18 febbraio 1945 segna la fondazione dell'Academiuta de lenga furlana, un centro di studi filologici sulla lingua e la cultura friulane, avviato da Pasolini e giovani universitari friulani. 

Un notevole contributo a questo progetto si trova nei quadernetti della Academiuta, denominati "Stroligut de ca’ da l’aga" (Lo stregone di qua dall’acqua), nei quali sono raccolti racconti, saggi e poesie, spesso in dialetto, di Pasolini e di altri membri dell'Accademia. Questo periodo friulano, vissuto in un mondo contadino amato e studiato con autentico affetto, assume per Pasolini un carattere mitico, arcaico, religioso e innocente, diventando il suo modello da superare, ritrovare e comunicare ad altri.

Durante questi anni giovanili, Pasolini sviluppò il suo impegno civile e letterario a Casarsa. 

 

Le poesie scritte tra il 1943 e il 1949, successivamente raccolte nel 1958 in "L’usignolo della Chiesa Cattolica", mostrano l'evoluzione politica del giovane scrittore, culminando nella parte finale de "L’usignolo" intitolata "La scoperta di Marx". 

In parallelo, dopo le lotte dei braccianti friulani, compose la prosa de "I giorni del lodo De Gasperi", che successivamente diventò il romanzo "Il sogno di una cosa" nel 1962.

 

L'osservazione attenta del mondo contadino a Casarsa si lega strettamente all'analisi del sottoproletariato delle borgate romane, evidenziata da Pasolini in seguito. 

Nel descrivere le borgate in un'intervista a "La Stampa" nel 1975, sottolineò la degradazione e l'atrocità di quel mondo, ma anche la conservazione di un proprio codice di vita e linguaggio, affermando che oggi, contrariamente, i ragazzi delle borgate, pur avendo accesso a motociclette e televisione, hanno perso la capacità di comunicare e di esprimersi in modo significativo.

Gli anni a Casarsa, indelebili nella memoria di Pasolini, furono altrettanto contrassegnati dalla partenza definita dallo stesso autore come una fuga. La vita del giovane insegnante divenne rapidamente insostenibile dopo che un ragazzo confessò al parroco di Casarsa di aver avuto rapporti con Pasolini, episodio che rese la sua permanenza impossibile alla vigilia delle elezioni del 1948.

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Copertina di “L'usignolo della chiesa cattolica”.

Copertina di “Il sogno di una cosa”.

Accompagnato dalla madre, Pasolini si trasferì a Roma, vivendo inizialmente anni estremamente difficili, caratterizzati dalla disoccupazione e dalla disperazione che sfiorò il punto di precipitare in tragici eventi, come egli stesso definì: "un disoccupato disperato, di quelli che finiscono suicidi". 

 

Inizialmente, la dimora fu a Piazza Costaguti, nel cuore del Portico d’Ottavia, per poi spostarsi a Ponte Mammolo, nei pressi del carcere di Rebibbia. Sebbene per molti scrittori questi cambiamenti di residenza possano avere una relativa importanza, per Pasolini, questi luoghi, come via Fonteiana, dove si trasferì appena migliorarono le sue condizioni economiche, risultano familiari ai lettori perché sono intrisi delle sue esperienze, visioni e paesaggi, che ha poi trasfuso in parte nei suoi versi e nelle sue prose.

 

Il padre si unì presto a loro, portando con sé i contrasti che Pasolini, con il passare del tempo, riuscì a contemplare quasi con tenerezza, sicuramente con pietà, solo dopo la morte di quest'ultimo. 

Nel frattempo, Pasolini riuscì a ottenere un impiego come insegnante a Ciampino, con uno stipendio di 27.000 lire al mese. Successivamente, grazie all'aiuto di Bassani, iniziò a lavorare a sceneggiature cinematografiche, permettendogli di trasferirsi con i genitori a Monteverde, in via Fonteiana. 

Questo trasloco, al quale il padre si dedicò con soddisfazione, risvegliò in lui il piacere del comando, la vanità e il senso di decoro borghese.

Nel 1954, Pasolini pubblicò la raccolta di poesie friulane dal titolo "La meglio gioventù", mentre due anni prima collaborò con Marco Dell’Arco per uno studio rilevante sulla poesia dialettale del Novecento. Nel 1955, insieme a Roversi, Leonetti, Romanò e Fortini, partecipò alla redazione della rivista "Officina", una testimonianza significativa degli intellettuali italiani di fronte a questioni percepite come affrontate con automatismo e conformismo. I suoi contributi a "Officina" includono "Passione e ideologia" nel 1960 e le liriche de "La religione del mio tempo" nel 1961, entrambi rappresentanti il peculiare apporto pasoliniano alla rivista.

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Copertina di “Passione e ideologia”.

Copertina di “La religione del mio tempo”.

Nel 1955, Pier Paolo Pasolini raggiunge una tappa cruciale nella sua carriera letteraria con la pubblicazione di "Ragazzi di vita", un romanzo il cui concepimento ha maturato fin dal 1950.

 L'argomento, caratterizzato da una crudezza all'epoca del tutto insolita nella letteratura italiana, l'esperimento linguistico di trasferire e ricreare il linguaggio di un sottoproletariato mai precedentemente esplorato con tale onestà nel racconto, insieme alla compassione e all'arte che legano gli episodi del libro, attirano l'attenzione tanto del pubblico quanto degli esperti del settore.

 

Gianfranco Contini descrisse l'opera come un'epopea picaro-romanesca, sottolineando la singolarità che ha portato narici solitamente indulgenti a riflettere profondamente. 

 

Egli afferma: "Non è un romanzo? Difatti è un’imperterrita dichiarazione d’amore, procedente per ; all’interno dei quali, peraltro, sono sequenze intonatissime alla più autorevole tradizione narrativa, quanto dire ottocentesca".

 

Vent'anni dopo la sua pubblicazione, "Ragazzi di vita" dimostra un valore ben oltre quello di un documento semplicemente straziante, e la poesia dolorante delle vite degli adolescenti e dei bambini in un deserto urbano permane intatta. Le lunghe scene notturne di imprese ribalde o crudeli, spesso intrise della presenza della morte, mantengono il loro fascino. La morte stessa viene rivelata solo alla fine, quando il piccolo Genesio viene trascinato via dal fiume in una scena priva di clamore drammatico, assumendo la funzione di simbolo. 

 

Per questa opera, Pasolini affrontò un processo per "oscenità", un'accusa che oggi risulta insostenibile ma che, in quegli anni, portava con sé un significato di persecuzione preciso.

Per capire cosa significasse per lo scrittore la stigmatizzazione di "oscenità" e, soprattutto, il processo, possiamo attingere dai suoi versi:

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Mi aspettava nel sole della vuota piazzetta l’amico, come incerto… Ah che cieca fretta nei miei passi, che cieca la mia corsa leggera. Il lume del mattino fu lume della sera: subito me ne avvidi. Era troppo vivo il marron dei suoi occhi, falsamente giulivo… Mi disse ansioso e mite la notizia. Ma fu più umana, Attilio, l’umana ingiustizia se prima di ferirmi è passata per te…

Copertina di “Ragazzi di vita”.

Il protagonista del romanzo è Riccetto, un ragazzo di strada che si muove tra la povertà e la delinquenza. 

Il libro descrive le vicende di Riccetto e dei suoi amici, rappresentando la realtà delle condizioni di vita difficili, la lotta per la sopravvivenza e la mancanza di prospettive. 

 "Ragazzi di vita" è considerato uno dei romanzi più significativi di Pasolini e rappresenta un importante documento letterario sulla condizione sociale dell'Italia del dopoguerra, catturando la disillusione e la disperazione di una generazione emarginata.

Qui si raccontano i “ragazzi” del quartiere di Monteverde, dove sono narrate le vicende dei giovani, le cui storie divennero poi la trama del celebre romanzo di Pasolini, "Ragazzi di Vita".

Il 1957 è anche l'anno della morte del padre di Pasolini. 

La sua riluttanza a curarsi, in nome di una vita retorica, diventa palpabile. Pasolini rivela il disprezzo del padre nei confronti di lui e della madre, rifiutandosi di ascoltarli. Il narratore ricorda una notte in cui tornò a casa appena in tempo per assistere alla morte del padre, descrivendo il momento come un'osservazione impotente di un uomo che si spegneva, un uomo che aveva rifiutato qualsiasi cura e comunicazione con la sua famiglia.

 

La raccolta di liriche de "Le ceneri di Gramsci" sempre nel 1957, premiata a Viareggio nello stesso anno, consolida la posizione di Pasolini come grande poeta. 

In questa raccolta, egli traccia la via per una nuova poesia di impegno civile, senza sacrificare l'espressione dei suoi dubbi, delle sue angosce o delle irresistibili gioie. Utilizzando una metrica desueta, Pasolini adotta un approccio che è sia rottura che citazione allo stesso tempo.

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Nel brano "Recit" de "Le ceneri di Gramsci",  dimostra audacemente la sua abilità artistica. L'uso senza timidezza del falso alessandrino di Pier Jacopo Martelli, uno dei metri più banali nella poesia italiana, per esprimere la sua emozione all'annuncio del processo da parte dell'amico Attilio Bertolucci, rivela molto sulla maestria di Pasolini. 

 

La scelta di un metro spesso detestato, per la sua associazione con la piatta "civiltà" e il "raisonnable" del Settecento, sottolinea la forza e la competenza di Pasolini nel trasformare un modello letterario così antiquato e distante.

Copertina de “Le Ceneri di Gramsci”.

Pier Paolo Pasolini in prima persona, recita alcune poesie all'interno dell'opera “Le Ceneri di Gramisci”.

Nel 1959 il poeta pubblicò il romanzo "Una Vita Violenta", un'opera che si distingue per la sua cruda rappresentazione della realtà urbana e della vita nelle periferie. Il romanzo lo consacra come uno dei rari scrittori italiani la cui fama varca i confini nazionali. Il libro ha ricevuto undici traduzioni e quindici ristampe in Italia, consolidando la sua presenza nel panorama letterario. 

Rappresenta la controparte più compatta e drammatica di "Ragazzi di Vita", con un protagonista ben delineato: il giovane Tommaso Puzzilli.

 

Ambientato a Roma, il romanzo segue le vicende di Tommaso, un giovane appartenente al sottoproletariato, in un contesto segnato dalla povertà, dalla disoccupazione e dalla violenza.

Tommaso, detto Tommy, attraversa un mondo caotico e spesso disperato, in cui la criminalità e la brutalità sono parte integrante della vita quotidiana. Pasolini dipinge un ritratto senza filtri di questa esistenza marginale, esplorando i suoi aspetti più cupi e disillusi. La prosa di Pasolini cattura l'energia frenetica e sconvolgente di un giovane che lotta per sopravvivere in un ambiente ostile.

 

La struggente odissea del giovane acquista una profondità poetica ancora maggiore grazie al fatto che Pasolini non trascura di includere nel suo catalogo le gioie, gli estri ("Sono stato ricco, e non me ne sono accorto!", dichiarerà Tommaso, osservando un gruppo di ragazzini) e le speranze irrefrenabili.

 

Con mano sicura, occhi asciutti e un'unità di ispirazione, Pasolini segue la figura di Tommaso nei suoi passi falsamente arroganti, nel suo battito cardiaco, nei silenzi aggrottati e nei rossori. Nei capitoli finali, eventi apparentemente scollegati o casuali compiono, con la meravigliosa coerenza dell'inevitabile, il cerchio dei giorni di Tommaso: l'annuncio della malattia, l'iscrizione al partito, l'uragano. Allontanandosi dalle chiacchiere del bar, quando "quelli del partito" cercano aiuto per un quartiere inondato, Tommaso si trova inseguendo l'ultimo e profetico lazzo degli amici di un tempo: "San Tommaso, il santo degli alluvionati".

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Il romanzo non segue una trama convenzionale, ma si snoda attraverso episodi della vita di Tommy, offrendo una serie di quadri vividi e suggestivi. L'autore adotta uno stile narrativo incisivo e diretto, utilizzando un linguaggio ricco di espressioni romanesche e dialettali, che conferisce autenticità e profondità alle vicende narrate.

 

"Una Vita Violenta" è una sorta di pittura urbana, un affresco che ritrae il lato oscuro e spesso trascurato della società. Il romanzo si distingue per la sua capacità di catturare l'essenza di una generazione, di dare voce a chi vive ai margini, esprimendo la disillusione e la rabbia di chi è costretto a lottare in condizioni avverse.

Copertina di “Una Vita Violenta”.

Attraverso questo lavoro, lo scrittore continua la sua esplorazione della condizione umana, offrendo uno sguardo penetrante sulla realtà sociale e politica dell'Italia del suo tempo. "Una Vita Violenta" si presenta come un testamento letterario che, nonostante la sua durezza, riesce a trasmettere una profonda empatia per i personaggi e una critica vibrante nei confronti delle ingiustizie del mondo.

 

Nonostante gli anni trascorsi dalla sua pubblicazione, "Una vita violenta" mantiene intatta la sua disperata e feroce bellezza, con linee di dramma che si presentano come incise nella pietra, un racconto di un giovane destinato all'emarginazione, nonostante ogni sforzo da parte sua, e infine strappato dall'esistenza stessa.

Esplorazione approfondita del romanzo “una Vita Violenta” da parte del Prof. Luigi Gaudio

A partire dal 1960, Pasolini esplora nel cinema un mezzo espressivo che si rivela straordinariamente adatto alle sue ricerche stilistiche e al suo impellente bisogno di comunicazione visiva immediata. 

Il magnifico "Accattone" del 1961 costituisce un'opera che completa il discorso avviato con i romanzi sulle borgate, immortalando in immagini ciò di splendido o atroce che era sfuggito alla parola scritta.

In pochi anni, realizza una serie di film in cui ogni conquista del neorealismo è non solo assimilata ma anche prontamente superata, collocandosi tra i maggiori registi italiani (tra cui "Mamma Roma", 1962; "La ricotta" in "Rogopag", 1962-63; "Il Vangelo secondo Matteo", 1964; "Uccellacci e uccellini", 1966; "Edipo re", 1967; "Teorema", 1968; "Porcile", 1969; "Medea", 1970; fino alla "trilogia della vita" o dell'eros, comprendente "Il Decameron", 1971; "I racconti di Canterbury", 1972; "Il Fiore delle Mille e una Notte", 1974; "Salò o le 120 giornate di Sodoma", 1975). 

 

Nonostante le controversie spesso accese, questi film riflettono fedelmente le tappe dell'evoluzione intellettuale ed etica del loro autore, che con maestria utilizza ogni mezzo offertogli dal patrimonio artistico umano, sia esso musica, pittura o letteratura, per creare uno stile che trasfigura sempre liricamente il racconto.

 

L'evoluzione interiore dello scrittore lo conduce a risultati straordinari e innovativi nella lirica. 

Nei volumi come "La religione del mio tempo" (1961), "Poesia e forma di rosa" (1964), e "Transumar e organizzar" (1971), il suo diario intimo, la polemica sempre più accesa con l'aumentare della sua notorietà pubblica, il rifiuto della pacificazione, un amore disperato per la vita e il proprio eros doloroso assumono toni di libertà e coraggio raramente riscontrati in Italia. 

Questi sentimenti sono espressi attraverso uno stile che è stato definito come uno splendido manierismo, caratterizzato da una passione funebre e barocca.

 

Se confrontate con le sue realizzazioni poetiche, le opere narrative più recenti appaiono di dimensioni minori: il romanzo "Il sogno di una cosa" (1962), i racconti di "Alì dagli occhi azzurri" (1964) e il notevole "Teorema" (1968), in cui emerge chiaramente la metafora di significato religioso attraverso l'intrusione del divino in una famiglia-tipo della Milano benestante.

Nei suoi ultimi anni, valutando la sua figura artistica, è importante sottolineare la versatilità e l'incessante attività creativa di Pasolini. Ha intensificato gli interventi polemici e saggistici, alcuni dei quali sono raccolti in "Empirismo eretico" (1972) e "Scritti corsari" (1975).

 

Di seguito alcune locandine dei suoi film più famosi.

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Locandina di “Accattone”.

Locandina di “Uccellini e Uccellacci”.

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Locandina di “Il Decameron".

Locandina di “Il Vangelo secondo Matteo”.

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Locandina di “Mamma Roma”.

Locandina di “Teorema”.

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Locandina di “Il Porcile".

Locandina di “Salò o le 120 giornate di sodoma”.

Pasolini si distinse come uno dei principali provocatori di scandalo intellettuale, una caratteristica che accomunò fin dai tempi in cui era un poeta e filologo poco conosciuto, anche se in modo meno eclatante.

 Il notevole numero di denunce, talvolta ingiustificate o completamente fantasiose, che dovette affrontare, è rivelatore di questa sua propensione. 

 

I suoi scritti polemici erano concepiti per suscitare reazioni violente, riflettendo in modo trasparente sulle sue personali tragedie. Il suo modo di esporre la sua vulnerabilità agli occhi e alle voci di tutti poteva apparire come impudico e una provocazione al martirio. Indipendentemente dal tema affrontato, emergeva sempre una ricerca dell'assoluto e della "moralità" nel senso più elevato del termine, il che risultava, per molti, sconcertante.

 

Consapevole e accettante della sua condizione di "diverso", e quindi di "escluso" e "additato", il poeta si inserì nelle discussioni più accese con la forza del mite di fronte a uno scandalo reale e alla violenza autentica dell'ipocrisia e della falsa tolleranza.

Il regista parla del linguaggio cinematografico come una dimensione narrativa.

La sua poliedrica figura, ha abbracciato anche la pittura come una delle diverse sfaccettature del suo genio creativo. Iniziò il suo percorso pittorico durante gli anni dell'adolescenza e dei primi anni di giovinezza, sperimentando con varietà di colori e tecniche. 

Benché le sue opere pittoriche non godano della stessa ampia notorietà riservata ad altri aspetti della sua carriera artistica, esse testimoniano la sua ricerca estetica e intellettuale.

 

I dipinti di Pasolini spaziano tra ritratti e paesaggi, mostrando talvolta influenze surrealiste. L'esplorazione artistica attraverso la pittura contribuì a plasmare la sua visione del mondo e a sviluppare il suo stile artistico complessivo. Va comunque sottolineato che la sua fama e il suo contributo più significativo sono legati principalmente al cinema, alla poesia e alla critica letteraria.

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Alcuni dipinti di Pasolini esposti nella Galleria d'Arte Moderna di Roma.

Da aggiungere infine il suo grande amore per il calcio

La passione di Pasolini per il calcio ha origini senza dubbio a Bologna

Durante il periodo al liceo, trascorreva ore e ore giocando a pallone sui campi d'erba fuori porta, definendoli successivamente come "i momenti più belli della mia vita in senso assoluto". 

La sua esperienza a Bologna coincide fortunosamente con la vittoria di 4 scudetti da parte del Bologna FC, raggiungendo l'apice della sua storia in quegli anni. Questo amore calcistico si radica così profondamente in lui che lo accompagna persino a Roma, come dimostrano le numerose lettere inviate a familiari e colleghi.

 

Nel 1957, il bolognese è una sorta di ospite speciale al derby romano per il giornale "l'Unità". Accompagnato da Sergio Citti, amico e consulente "di romanità" per le sue opere, lo scrittore sembra più interessato alle facce, ai colori e alle conversazioni intercettate tra gruppi di amici che alla partita in sé. 

Sia che fossero vincitori o perdenti, popolari o borghesi, distanti o provinciali, autoctoni o immigrati, Pasolini li esamina attentamente in un articolo che rappresenta un piccolo gesto di sociologia sui frequentatori degli stadi cinquant'anni fa.

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Negli anni '60, Pasolini era un grande appassionato della squadra rossoblù, tanto da realizzare il suo sogno di incontrare e intervistare i giocatori. 

 

Le video-interviste, parte integrante del film documentario "Comizi d'amore", costituivano un'inchiesta sul rapporto tra gli italiani e la sessualità. 

Nel film, i calciatori del Bologna apparivano abbastanza imbarazzati di fronte alle domande irriverenti di Pasolini, che, eccitato da quell'incontro speciale, li bombardava di interrogativi, ricevendo in cambio risposte quasi monosillabiche.

 

A Roma serbò sempre vivo il suo amore per il calcio giocato, manifestando una preferenza netta per la pratica del gioco rispetto alla semplice visione o al tifo. 

 

Ninetto Davoli ricorda con affetto l'entusiasmo di Pasolini nelle riprese dei film in cui il pallone imperversava: “Spesso, se ci si imbatteva in una partitella di ragazzi su un campo improvvisato, chiedeva di tirare due calci ed era felice come un bambino

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Immagini che ritraggono Pasolini nelle vesti di calciatore.

Il giorno della partita con la nazionale attori, annullava qualsiasi impegno, dalle conferenze alle riprese di un film."

Il film-documentario “Comizi d'amore.”

Le partite coinvolgevano l'intero cast, dai protagonisti agli addetti alle macchine. 

 

Franco Citti, interprete di "Accattone", descrive l'atmosfera post-partita: "Dopo le partite, ci ammusonivamo di nuovo. Era come se all'improvviso calasse un velo su tutto. Finiva l'esaltazione, il momento magico che lo faceva tornare come un ragazzino a sorridere e a ridere. [..] Grondanti di sudore e sporchi di terra e fango, ci infilavamo sotto le docce e lui ritornava ad essere solo, immediatamente si ritrovava ad annegare nei pensieri e nei problemi che non raccontava mai a nessuno."

 

Pasolini fu l'anima della nazionale dello spettacolo per diversi anni. Insieme a personalità come Gianni Morandi, Little Tony, Ninetto Davoli e lo stesso Franco Citti, per scopi benefici girava l'Italia o sfruttava località come Grado durante l'estate per organizzare partite che diventavano gli eventi più attesi della stagione estiva.

 

Ma una partita, più di tutte le altre, segnerà indelebilmente la storia. 

Si tratta di uno degli ultimi incontri di Pasolini, disputato il 16 marzo 1975 sul campo di allenamento del Parma

 

L'evento è significativo: coincide con il compleanno di Bernardo Bertolucci, già affermato regista e "scoperto" da Pasolini come aiuto-regia in "Accattone". Mentre il bolognese è nella zona per le riprese di "Salò o le 120 giornate di Sodoma", il parmigiano è impegnato sul set di "Novecento".

Laura Betti decide di organizzare questo inusuale compleanno per Bertolucci anche per stemperare la tensione causata, nei mesi precedenti, dalle critiche di Pasolini a "Ultimo tango a Parigi". 

 

La partita diventa un evento memorabile noto come "Centoventi vs Novecento", con la squadra di Bertolucci vittoriosa, anche se lo stesso regista preferisce limitarsi a guardare. Questo evento è documentato nel film di Laura Betti "Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno", uscito nel 2001.

L'influenza del calcio come elemento autobiografico emerge in modo penetrante negli scritti di Pasolini. 

 

Nei suoi romanzi come "Ragazzi di vita" o "Una vita violenta", il calcio non è mai visto come una semplice competizione con vincitori e vinti. Le partite ritratte da Pasolini sono piuttosto frammenti di gioco, utilizzati per evidenziare duelli, sfide, gesti di provocazione, senza mai scivolare nella mera cronaca sportiva, come osserva Valerio Piccioni nel suo "Quando giocava Pasolini".

Trailer del film “Centoventi vs novecento", tratto dalla famosa partita fra la squadra Bertolucci e la squadra di Pasolini.

Si tratta, pertanto, di un calcio che si discosta dagli stadi, dal giornalismo, ma anche dalle partite organizzate nei campi di calcio di bassa categoria, dove le regole del gioco sono ancora dettate dal pallone stesso. Questo è il calcio che Pasolini predilige, fatto di corpi, fisicità, corsa e sudore: poco importa se si gioca con un pallone sgonfio o in mezzo ai rifiuti, poiché resta calcio nella sua essenza più primitiva. Forse sono proprio questi i suoi campi di calcio prediletti, luoghi dove "riposarsi" dalle fatiche delle riprese, esplorare e vivere i sobborghi di Roma, individuare volti per il prossimo film.

 

Una volta, durante un’intervista, Enzo Biagi gli ha chiesto: “Senza cinema, senza scrivere, cosa le sarebbe piaciuto diventare?”. E lui: “Un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri”.

 

Ed eccoci purtroppo arrivati all'epilogo del racconto, ovvero a quel fatidico 2 novembre 1975, il giorno della morte di Pasolini, avvolta da un alone di mistero e controversie. 

La scena del delitto era situata in un luogo ben noto a Pasolini, e la scoperta del suo corpo avvenne su uno sfondo di baracche e rifiuti. 

Pasolini fu brutalmente ucciso, e le circostanze della sua morte sono state oggetto di dibattiti e speculazioni.

L'inchiesta ufficiale concluse che Pasolini fu vittima di un omicidio, ma il motivo e l'identità degli assassini rimasero controversi. Inizialmente, un giovane delinquente di nome Pino Pelosi venne arrestato e accusato dell'omicidio di Pasolini. Tuttavia, molti dubbi e interrogativi circondano questa versione dei fatti.

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Murales tributato alla figura di Pasolini in quel di Trastevere, Roma.

Alcuni ritengono che Pasolini sia stato assassinato a causa delle sue opinioni politiche e della sua critica radicale alla società italiana dell'epoca. Altri ipotizzano che il movente possa essere stato di natura personale, in relazione a questioni legate alla sua vita privata.

 

La morte di Pasolini continua a generare discussioni e teorie del complotto, alimentate anche dalle incongruenze e dalle lacune nella documentazione ufficiale del caso. La sua scomparsa rappresenta una delle tragedie più oscure e controverse nella storia culturale e politica italiana.

Fonte Articolo:

I parchiletterati

https://www.parchiletterari.com/parchi/pasolini/vita.php

Gioco Pulito

https://giocopulito.it/pasolini-e-il-calcio-lintellettuale-che-voleva-essere-unala-sinistra/

Galleria d'Arte di Roma

https://www.galleriaartemodernaroma.it/it/mostra-evento/pasolini-pittore

 

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Bruno Esposito

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